E'
uno strumento di rilevazione per la misurazione della terra
usato nell'antica Roma sia per la definizione dei confini, che per
le comuni misurazioni agresti o per l'assegnazione delle terre
che venivano assegnate ai soldati al congedo del loro servizio
quale premio per il loro contributo militare.
E' composta da un bastone di sostegno chiamato "ferramentum"
che veniva piantato al suolo e da quattro punte (cornicula)
disposte a perfetto angolo retto e che formano la croce terminale
(groma) da cui pendevano i quattro fili (nerviae)
tesi da altrettanti contrappesi (pondera). Lo strumento
che raccordava il ferramentum con la groma era il rostro che
misurava esattamente un piede ("pes" cm 29.64)
che costituiva l'unità base di lunghezza romana il cui campione
veniva custodito nel tempio di Giunone Moneta in Campidoglio.
Il rostro, chiamato dai romani "umbelicus
soli", si articolava girando completamente al comando dell'operatore
e dall'altro inserendosi nella ghiera centrale della groma permetteva
i traguardi delle coppie di fili a piombo. Mediante un quinto filo
a piombo posizionato all'estremità superiore del rostro si
otteneva che il centro della groma fosse corrispondente al punto
di stazione. La punta poteva essere conficcata nel terreno
oppure ad lapidem, in un cippo lapideo che l'agrimensore portava
con se.
Nel
diritto romano la funzione di misurare la terra tracciando le linee
per la costruzione delle città era originariamente funzione
sacrale esercitata dagli Auguri. La leggenda ricorda come l'uccisione
di Remo da parte di Romolo sia avvenuta per la violazione della
traccia dei confini della futura città di Roma. Questo aspetto
sommato alla presenza di un dio custode dei confini e delle porte
che i romani chiamavano Giano, indica quale spessore sacrale i romani
attribuivano ai propri confini. Quando, con la laicizzazione del
diritto si perse ogni implicazione religiosa, il compito passò
a tecnici laici che sono menzionati a volte metatores, a volte finitores,
altre volte mensores e infine gromatici, dal nome dello strumento
usato per tracciare le linee rette, chiamato appunto groma.
La procedura consisteva nel congiungere gli estremi del
territorio da nord a sud e da est a ovest, tracciando le linee delle
due strade principali chiamate rispettivamente "cardo maximus"
e "decumanus maximus". Queste costituivano i principali
assi della centuriazione romana i cui estremi avrebbero coinciso
con le quattro porte della città . All'incrocio del
cardine e del decumano si trovava, quasi sempre, il foro ossia la
piazza principale della città. L'agrimensore si posizionava
al centro presunto della città con lo sguardo rivolto verso
ovest e definiva il territorio col nome di "ultra"
ciò che stava davanti e "citra" quello che
stava alle spalle.
Successivamente venivano tracciati da una parte all'altra degli
assi iniziali i cardini e i decumani massimi secondari chiamati
"limites quintarii". Questi venivano posti alla
distanza di 100 actus (3.5 km) e il territorio risultava così
diviso in superfici quadrate chiamate "saltus".
La rete stradale veniva ulteriormente infittita con altre strade
parallele ai cardini già tracciati ad una distanza tra loro
di 20 actus (710.4 mt) Le superici quadrate risultanti da questa
ulteriore divisione erano le "centurie". Di seguito
le larghezze delle strade in piedi romani "pes"
Decumano massimo: 40 piedi (11.84 mt) Cardine
massimo: 20 piedi (5.92 mt) Limites quintarii: 12
piedi (3.55 mt) Altre strade: 8 piedi (2.37 mt)
La
sistemazione dei terreni era successiva al completamento stradale.
Ogni centuria era suddivisa in 10 strisce alla distanza tra loro
di 2 "actus" (71.04 mt).
L'incontro ad angolo retto tra i piani visivi verticali ottenuti
traguardando le coppie opposte di fili, determinavano gli allineamenti
divisori (rigores) sul suolo da dividere e confinare...
e
al tempo stesso i punti di incrocio da munire di cippi terminali
(termini). L'operazione più esclusiva di questo strumento
era quella di determinare la distanza di un punto inaccessibile
sul terreno da punto di stazione.
Si posizionava dapprima la groma nel punto di stazione
A e si mirava il punto inaccessibile B con la prima coppia di traguardi.
Poi si stabiliva un allineamento ortogonale alla linea AB, mediante
l'altra coppia di traguardi, determinando il punto C ad una data
distanza da A. Con groma in C si stabiliva un allineamento CD perpendicolare
ad AC. Si divideva la lunghezza AC in due parti uguali e si fissava
la groma nel punto di mezzo E. Prolungando l'allineamento BE fino
all'incontro con CD, si otteneva il punto F. La distanza CF è
uguale alla distanza cercata. Questa procedura si applicava per
calcolare la larghezza dei fiumi, l'estensione degli acquitrini
e delle paludi, la distanza delle navi in avvicinamento ai porti.
Inoltre
con la groma si rilevavano i dati per disegnare la forma del terreno,
cioè uno schizzo topografico, orientato con l'aiuto dello
gnomone portatile (riduzione dei grandi orologi solari).
Essere agrimensore era senz'altro più prestigioso
dell'essere semplici "calculatores" . Per conseguire
il titolo di gromatici ufficiali, soprattutto nell'esercito, dove
venivano assunti con il grado di ufficiali, bisognava sostenere
un abilitazione ed iscriversi alla corporazione. Gli agrimensori
privati, invece, in genere liberti erano liberi di aderire o meno
all'albo professionale ed erano considerati alla stregua di tecnici
non "laureati".
Questo straordinario e duttile strumento, capace di vaste
applicazioni, non era ancora conosciuto nella sua forma fino agli
inizi del secolo scorso. Ci si basava soltanto sulla figura di un
incisione della stele funeraria di Lucio Ebuzio Fausto, certamente
agrimensore, che riportava la figura di una groma a ricordo della
sua attività di cui se ne suppone il vanto.
Fu solo grazie al ritrovamento avvenuto nel 1912 durante
gli scavi di Pompei diretti dall'archeologo Matteo della Corte
che si potè ritrovare una autentica groma in buono
stato di conservazione.
Il reperto ricostruito permise non solo la comprensione
dell'uso, ma anche il significato delle parole "ferramentum
ad lapidem figere" e "ferramentum ad signum ponere"
le quali compendiano tutta l'ars mensorium. Senza la vista di una
vera groma dal braccio sporgente e girevole, specialmente la prima
di quelle operazioni (ferramentum ad lapidem figere) restava un
enigma.
Concludo riportando la tabella delle unità di
misura romane ricordando che il passus corrispondeva
a due passi di un uomo medio, mentre l'actus indicava
convenzionalmente la lunghezza del solco che una coppia di buoi
poteva compiere in un unico strappo. L'unità di misura delle
aree era l'actus quadratus che secondo quanto dice Varrone
nel De re rustica, ha una lunghezza di 120 piedi e una larghezza
ugualee rappresentavano l'estensione di terreno che una coppia di
buoi era in grado di arare in mezza giornata. I multipli erano lo
iugerum (2 actus mq.2523.34) l'heredium (2 iugeri
cioè mq5046.68) e la centuria (100 heredia ovvero
mq.504668 circa)
La
groma ricostruita da me
Altri articoli scritti
da Roberto Finozzi »
|