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l termine "tempo" deriva dal greco "tèmenos" e dal latino "temperare", entrambi i termini significano l'atto con cui qualcosa è diviso secondo ordine e misura. La civiltà ellenistica e, prima ancora quella Egiziana e Babilonese, hanno dato preziosissimi contributi nell'operare la "divisione" del tempo. Gli Egiziani già 6500 anni fa erano giunti a dividere l'anno in 365 giorni. I Babilonesi furono i primo a dividere il giorno in dodici parti, anche per la facilita di dividere questo numero per 2, 3, 4, 6, 12 senza dare risultati frazionari. I Greci in particolare, oltre a gettare le basi della gnomonica, introdussero il grado come unità di misura degli angoli e non mancarono di stupire con elaborazioni di teorie eliocentriche ad opera di Ipparco. Formularono inoltre dotte definizioni filosofiche sul tempo inteso come "Immagine mobile dell'eternità" , "Misura del movimento secondo il prima e il dopo" (Aristotele). Per tornare alla suddivisione storica del tempo, è bello ricordare come i Romani operavano questa scansione in intervalli come: "gallicinium" (canto del gallo)- "canticinium" (termine del canto del gallo) – "diluculum" (sorgere dell'alba) – "matutinum" – "meri dies" (mezzogiorno) - "concubium" (tempo di andare a letto, da "cumcubare" giacere insieme) – "intempesta nox" (notte profonda). Il retaggio storico di divisione del tempo e conoscenza astronomica fu raccolto nel Medioevo. E' in questo periodo che nuovi trattati di gnomonica serviranno da guida agli gnomonisti di quel tempo. Durante questo periodo si diffuse un tipo semplificato di divisione oraria che variava da quattro a otto parti e servivano essenzialmente ai monaci come riferimento per le funzioni religiose. In questa epoca si usavano contare le ore con il metodo ecclesiastico dividendo la giornata in otto momenti chiamati ore canoniche: Mattutino (circa tre ore prima del crepuscolo), laudi (inizio del crepuscolo), ora prima (alba), ora terza (metà mattino), ora sesta (da cui "fare siesta" mezzogiorno), ora nona (metà pomeriggio), vespro (tramonto), compieta (fine crepuscolo). Tale sistema rimase in uso per tutto il Medioevo. Nel succedersi delle civiltà però, mentre giorno e notte venivano interpretati separatamente, sorgeva il problema di quando far iniziare il giorno nuovo: al suo sorgere o al suo calare? Per Cinesi, Greci, Romani, Arabi ed Ebrei l'inizio del giorno cominciava con il tramonto del sole. Egiziani, Persiani e Babilonesi, invece, iniziavano il nuovo giorno all'alba. Le ore misurate con questo sistema erano dette babiloniche. Per gli italici del Medioevo si era diffuso l'utilizzo delle ore italiche. Tale sistema, che si diffuse in tutta Europa, fissava l'inizio del giorno seguente al tramonto del sole. Quando il sole tramontava era infatti l'ora ventiquattresima. Di conseguenza le ore 18 indicavano che mancavano 6 ore al tramonto, che coincideva con la chiusura delle porte della città o del castello, e ciò, visti i tempi, era molto importante Ancora oggi alcune ricorrenze cristiane iniziano la festività con il tramonto del giorno precedente. La notte di Natale, infatti, non si riferisce alla sera di Natale, ma al giorno prima. Verso la fine del Settecento un computo di divisione del tutto nuovo nella misurazione del tempo andava affermandosi: il metodo francese, che aveva come riferimento la mezzanotte. Ad esempio le ore 11 indicavano che erano trascorse 11 ore dalla mezzanotte (sistema attualmente in uso). L'uso d'Oltralpe venne introdotto nell'intero territorio della Repubblica di Venezia nel 1789. L'interpretazione del tramonto nel sistema italico variava durante le stagioni e ciò era incompatibile con le nuove esigenze dettate dallo sviluppo dei traffici e da un sistema sociale e civile in trasformazione. Questo cambiamento portò una tale confusione che nel 1794 si dovette ritornare all'ora italica. Dopo tre anni, in seguito all'occupazione napoleonica, il ritorno all'ora francese fu stabilito per decreto e la consuetudine rimase anche dopo la cessazione di Venezia all'Austria con il trattato di Campoformio. Da questo sguardo al passato, non senza emozione, si mescola la sensazione di come l'uomo antico leggesse il tempo e il cielo in modo sublime, oggi perduto perché è stata probabilmente perduta la capacità di tenere uniti, nell'uomo, cultura e natura. |
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